Per capirlo, facciamo un passo indietro per immergerci nel contesto socioeconomico in cui si sviluppò.
La Romagna, una regione caratterizzata da una vasta pianura e una lunga tradizione agricola, è stata per secoli custode di un modello di società contadina che ha plasmato la sua cultura e le sue tradizioni. Al centro di questa società vi era la famiglia contadina, una comunità allargata che spesso comprendeva nonni, fratelli, nuore, figli e nipoti, tutti conviventi sotto lo stesso tetto. Questo modello di famiglia allargata era essenziale in un sistema agricolo basato sulla mezzadria, un contratto agrario che prevedeva la divisione a metà dei prodotti e degli utili tra il proprietario terriero e il mezzadro.
In questo contesto socioeconomico, la figura dell'azdora emerge come un pilastro fondamentale della famiglia contadina romagnola. L’azdora era – la maggior parte delle volte – la moglie dell’azdor (di fatto, il contadino il quale aveva sottoscritto un contratto di mezzadria con un proprietario terriero), e in quanto tale, si era trasferita a vivere con la famiglia del marito, inserendosi in un contesto polinucleare di coabitazione e collaborazione.
Conosciuta in altre zone dell'Emilia-Romagna come rezdora nel parmense o arzdoura nelle campagne bolognesi, l’azdora era la reggitrice della casa, l'amministratrice delegata della vita domestica e familiare. In un sistema in cui la famiglia era al contempo unità produttiva ed economica, l’azdora ricopriva un ruolo di primaria importanza, con compiti che andavano ben oltre la semplice cura della casa.
La vita dell’azdora era un esempio di organizzazione impeccabile e abilità gestionale. La sua giornata iniziava prima dell'alba e si articolava in una serie di attività che richiedevano una pianificazione meticolosa: dalla preparazione dei pasti alla gestione del pollame, dalla vendita di uova e formaggi al mercato all'acquisto di beni essenziali come olio e sale. Ogni decisione presa dall’azdora aveva un impatto diretto sul benessere della famiglia e sul successo dell'impresa agricola.
La gestione della casa richiedeva un coordinamento accurato delle attività quotidiane: l’azdora supervisionava il lavoro delle donne di casa, organizzando compiti come la preparazione della sfoglia, il bucato, la cura degli animali e il lavoro al telaio. Era anche la custode delle tradizioni e dei rituali familiari, garantendo la continuità culturale e il rispetto delle usanze che legavano la famiglia alla terra e alla comunità.
L’azdora incarnava una forma di leadership femminile che oggi riconosceremmo come un insieme di soft skills avanzate: la capacità di gestire le risorse, di negoziare e di mantenere l'armonia tra le persone, di pianificare a lungo termine e di affrontare le sfide quotidiane con intelligenza e flessibilità. Era, in sintesi, il cuore pulsante della famiglia, una figura di straordinaria competenza e autorità che garantiva la sopravvivenza e il successo della comunità contadina.
Figura antica e moderna, tradizionale e rivoluzionaria, l’eredità dell’azdora rimane ancora oggi nella cultura romagnola come esempio di leadership e resilienza femminile.