La Romagna è un posto a cui è impossibile dire addio. Proprio non si può. Ci si limita a un arrivederci, e poi ci si apre alla possibilità che la nostalgia possa fare capolino in ogni momento, specialmente quando ci si sente distanti da casa. Perché la Romagna, per chi la conosce o arriverà a conoscerla attraverso questo itinerario che si snoda fra calici, tavole e paesaggi, è una nuova casa che non si sapeva di avere. Quest’anno sette giovani influencer, gastronomi, sommelier e travel blogger hanno scoperto l’anima di questa terra viaggiando lungo la Via Emilia e nell’entroterra romagnolo, trovando un posto da poter chiamare casa e a cui tornare ogni volta che ne sentiranno la mancanza.
Grazie a Martina Maggiordomo (@unpizzicodisalerosso), Stefano Quaglierini (@italian_wines), Federica Piersimoni (@federchicca), Adriano Amoretti (@cantinasocial), Valeria Mundo (@sogni_in_valigia), Eleonora Rubaltelli (@eleonora_rubaltelli) e ad Anais Cancino (@wineteller).
tutte le soste di questo itinerario
Faenza
A darci il benvenuto è un vento che muove i salici, che avvicina le nuvole e scuote di dosso da questa terra tutti gli stereotipi che tradizionalmente si trascina dietro: quella che avremo di fronte sarà una Romagna che profuma d’autunno e di focolare domestico.
Ci mettiamo in movimento da Faenza, anzi, da un luogo appena fuori città, lungo la via Emilia, dove la guardia alla pace della piana e al verde della natura la fanno cicogne e fenicotteri: Villa Abbondanzi. Sarà questo il punto di partenza e d’arrivo di un itinerario che abbraccerà l’anima della Romagna fra borghi, rocche, tavole e calici di vino in tre giorni appena.
Ci spostiamo nel centro di Faenza, città celebre per l’arte dei suoi maestri ceramisti, dove ci attendo il nostro primo pranzo. Il luogo scelto è l’Osteria La Baita, un locale magnifico, casa ed enoteca, delizia e carezza al profumo di cucina tradizionale romagnola.
È qua che facciamo la conoscenza dei due grandi protagonisti (ma non gli unici, badate bene) dell’enologia romagnola, due personaggi con centinaia di autori, ognuno in grado di imprimere loro una sfumatura unica nel suo genere: stiamo parlando del Romagna Sangiovese DOC e del Romagna Albana DOCG. Alziamo i calici per brindare all’inizio di questo viaggio e di questa amicizia, muovendoci fra ricette e racconti di terra, vino e tradizioni. C’è ancora spazio per un bicchiere di Romagna Albana DOCG Passito, e poi è di nuovo strada, è di nuovo Via Emilia.
Curiosità
Castel San Pietro Terme
Percorriamo la colonna vertebrale di questa regione, la Via Emilia, in direzione del confine invisibile che separa questa regione in due (un confine comunque che esiste e resiste anche dal punto di vista linguistico: il trattino che separa l’Emilia-Romagna non è un vezzo, ma sono secoli di storia, cultura, tradizioni e identità coagulati in un segno grafico).
Castel San Pietro Terme è una piccola, splendida gemma urbana, famosa per i suoi bagni termali caratterizzati da acque sulfuree e salsobromoiodiche. Ma l’immersione che interessa a noi è quella nel paesaggio, nei vigneti che occupano con grazia geometrica buona parte della collina su cui sorge la cantina Umberto Cesari, a pochi chilometri dal centro abitato.
Quello che trascorriamo è un pomeriggio lento e delicato, passato a fare la conoscenza dei vini dell’imolese. Non solo Romagna Sangiovese DOC, ma anche Romagna Albana DOCG e Romagna Spumante DOC. Al momento dei saluti il cielo si è accartocciato come stagnola: fra i rari varchi vediamo il sole tramontare sull’ultima giornata di bel tempo di questo tour. Dozza ci aspetta.
Curiosità
Dozza
Quando arriviamo a Dozza la notte è già calata. Non ci stupiamo del fatto che questo sia uno de “I borghi più belli d’Italia”: grazie alla Biennale del Muro Dipinto, la manifestazione promossa dalla Fondazione Dozza Città d’Arte, l’intero borgo si è trasformato in una galleria a cielo aperto, dove la muratura è tela d’artista e l’unico percorso di visita possibile è quello che ciascuno sceglie per sé.
Siamo attesi per cena al ristorante La Scuderia. Questo è un locale da non perdere, dove l’anima rustica della Romagna convive serenamente con un’eleganza informale assolutamente contemporanea. A tavola serpeggia una rilassatezza discreta: siamo stanchi, ma siamo assolutamente a nostro agio fra piatti di pasta fresca, calici di Romagna Albana DOCG e Romagna Sangiovese DOC e le chiacchiere che nascono spontaneamente sotto le alte volte de La Scuderia.
Durante il viaggio di rientro ci appare chiara una cosa, anche se nessuno la dice ad alta voce: la Romagna ci ha accolto nel suo ventre gentile; siamo a casa. Fuori pioviggina e non c’è niente che non vada.
Curiosità
Forlimpopoli
La pioggia ci aveva lasciati sulla soglia delle nostre camere e là la ritroviamo. Non ci abbandonerà per il resto del giorno. Dopo colazione ci dirigiamo a Forlimpopoli, una serena città lungo la Via Emilia pizzicata tra Forlì e Cesena.
Questo nome non suonerà nuovo: qualcuno dirà che gli viene in mente il marchese di Forlimpopoli, uno dei personaggi de “La locandiera” di Goldoni, i più faranno il nome di Pellegrino Artusi. Nessuno si sbaglia, ma i secondi hanno un po’ più di ragione, perché sarà proprio il commerciante, gastronomo e scrittore originario di questa città il protagonista della mattinata.
All’interno dell’ex convento dei Servi di Maria si trova Casa Artusi. Scuola di cucina, museo, ristorante, sede dell’Associazione delle Mariette: un grande centro dedicato al più celebre forlimpopolese di tutti i tempi, colui che con piglio da mercante, spirito da gastronomo e occhio da antropologo scoprì e mappò l’Italia e gli italiani partendo dalle loro tavole.
Dopo una visita guidata alla scoperta della figura di Pellegrino Artusi e del suo capolavoro “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” è tempo di rimboccarsi le maniche: le Mariette avranno il compito di svelarci i segreti della pasta fresca nell’arco di una mattinata. Con le mani ancora sporche di farina, all’ora di pranzo, prendiamo posto ai tavoli del ristorante di Casa Artusi. Sulla tavola non ci sarà spazio solo per i grandi vini e i meravigliosi piatti della tradizione eno-gastronomica romagnola, ma anche per i primi preparati poche ore prima dalle nostre mani.
Un’esperienza indimenticabile, in uno dei templi della cucina nostrana.
Curiosità
Valle del Bidente
È una delle prime volte che abbandoniamo la Via Emilia. Nel pomeriggio ci spostiamo infatti verso gli Appennini, imboccando la Valle del Bidente. Sui vetri del nostro mezzo le gocce d’acqua scivolano via lente: la strada presenta qualche curva, non si può procedere spediti. Questo ci lascia tutto il tempo per stupirci: la Romagna che vediamo fuori dai finestrini è qualcosa che non ci aspettavamo.
Fianchi di verdi colline che salgono oltre la foschia che è calata sulla Valle, boschi che si alternano a piccoli e sonnolenti centri abitati, lasciando ogni tanto spazio a grandi e ordinati vigneti. Siamo attesi da Poderi dal Nespoli, e intanto piove sul nostro stupore.
Dopo la visita in cantina e nei vigneti, prendiamo posto per una degustazione nello spazio chiamato “La vela”, una grande struttura di legno, vetro e acciaio che consente di ammirare il panorama boschivo e collinare che ci circonda in ogni direzione. Continuano le sorprese pomeridiane: oltre alle eccezionali Romagna Sangiovese DOC e Romagna Albana DOCG che abbiamo modo di conoscere, ci viene presentato un vino prodotto a partire dai grappoli di un vigneto autoctono molto interessante: il famoso. È ora di rimettersi in marcia.
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Bertinoro
Bertinoro è conosciuta sia come “La città dell’ospitalità” che come “Il balcone di Romagna”. Se le ragioni del primo titolo sono da ricercarsi nella storia che ruota attorno all’evocativa Colonna dell’Ospitalità (ma non vi diremo di più: sentirla raccontare davanti a un calice di Romagna Sangiovese DOC servito ai tavoli della “Casa del Vino” ha tutto un altro sapore), i motivi che gli hanno fatto guadagnare il secondo si manifestano senza bisogno di spiegazione alcuna non appena ci si affaccia dal parapetto di Piazza della Libertà.
Ca’ de Bè si trova proprio qua, nella piazza principale della città. Il suo nome significa “Casa del Vino” e gli venne dato da due figure leggendarie come quelle di Alteo Dolcini e Max David alla fine degli anni ’60.
È un nome che veste perfettamente ogni centimetro delle pareti in roccia e delle tavole in legno scuro: a la Ca’ de Bè sentiamo di poterci mettere comodi e di lasciare all’uscio la stanchezza, proprio come faremmo a casa. Ci muoviamo come amici di lunga data fra cappelletti, strozzapreti e filetti di manzo. Innaffiamo osservazioni e confessioni con i grandi vini a denominazione di questa terra, trattando ogni calice con familiarità, ma senza dare per scontato niente di quello che stiamo vivendo.
È questa la grande bellezza della Romagna: il sentirsi a casa, ogni momento, ovunque.
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Ravenna
L’ultimo giorno ci regala un cielo di latta che copre senza rovesci quello scrigno di bellezza secolare che è Ravenna. Esistono parole che non siano ancora state spese per parlare della meraviglia che sono in grado di suscitare i mosaici di questa città?
Persi fra mani di santi, colombe assetate, cinte murarie, motivi geometrici e cieli profondissimi, visitiamo le grandi opere musive del Mausoleo di Galla Placidia e della Basilica di San Vitale, per terminare la visita di fronte alla tomba di Dante Alighieri, proprio nell’anno dedicato alle celebrazioni per il 700° anniversario dalla sua morte.
Appena dietro l’angolo, in via Corrado Ricci, si trova l’ultima tappa del nostro viaggio. La Ca’ de Vèn accoglie visitatori e turisti alla stessa maniera dei grandi monumenti di questa città: lasciandoli senza parole, con la bocca aperta e la testa alzata verso il soffitto. È qua che consumiamo l’ultimo pranzo, scandito come sempre dai piatti della migliore tradizione e da calici di Romagna Sangiovese DOC o Romagna Albana DOCG.
Ma la Ca’ de Vèn non è soltanto la sua raffinata cucina di “casa”, le sue volte affrescate o i suoi arredi in legno massiccio che abbracciano e avvolgono gli avventori custodendo vini e prodotti gastronomici. La Cà de Vèn è un pezzo di storia romagnola che vive e pulsa nel centro storico di Ravenna, è la prima casa di Romagna per chi arriva o ritorna in questa terra, e l’ultima per chi, come noi, è pronto a partire ma non a dire “addio”.
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