Alle pendici di un nome
L’ipotesi più accreditata è quella avanzata da Thomas Hohnerlein-Buchinger. Secondo lo studioso, e sulla scia del linguista austriaco Friedrich Schürr, la seconda parte della parola, -giovese, deriverebbe dal latino jugum, giogo, in riferimento alla forma lunga e tondeggiante di un monte o delle colline romagnole. La prima parte, San-, invece deriverebbe da sangue, metafora diffusa nell’antichità per riferirsi ai liquidi che si ottengono dal lavoro della terra.
Un viaggio nelle parole, non nei fatti
Indagare sull’etimo di un nome, come avrete capito, significa intraprendere un viaggio faticoso, lungo, pieno di pericoli e ostacoli. Insomma, un viaggio come un altro, se ci trovassimo tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. E non ve lo diciamo a caso, perché è proprio lì che vi stiamo per portare.
Corre l’anno 1625, e su un atto notarile redatto in latino viene citato per la prima volta il Sangiovese. Si tratta di un documento importantissimo, relativo alla compravendita di salmarum quinque vini nigri S. Giuesij; e cioè cinque salme (circa 380 litri), di vino nero S. Giuesio. O ancora, sempre in un atto notarile del 1672, una donna, Maria Alpi, concede al rettore della chiesa parrocchiale di Pagnano, una vigna, riservandosi “tre filari di Sangiovese” posti verso la propria abitazione.
Fra gli spigoli e le giravolte della storia, quella scritta e quella parlata, la parola Sangiovese è arrivata fino a noi, anche se non è chiaro da dove sia partita né come cambierà ancora. Noi ce la teniamo stretta, in tutta la sua capacità di abbracciare, in appena dieci lettere, l’identità della Romagna e dei suoi abitanti.
E ora che lo conosciamo un po’ meglio, possiamo dirlo: alla salute del Sangiovese!