Intervista con Carlo Catani, ex docente del Master of Food Slow Food ed Ex direttore amministrativo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo dal 2007 al 2011. Nel 2013 ha dato il via al progetto Tempi di Recupero, ora associazione culturale che si occupa di sostenibilità e sprechi alimentari, e insieme ad Andrea Spada è stato l’ideatore dell’Albana Dèi.
Carlo, il tuo curriculum è impressionante: docente, direttore amministrativo, curatore di eventi. Di preciso però ora di cosa ti occupi?
Dopo aver vissuto a lungo in Piemonte, ai tempi di Slow Food e del periodo trascorso all’interno dell’Università di Scienze Gastronomiche, sono tornato a casa, a Faenza. Qua mi occupo di tante cose: comunicazione, promozione del territorio e dell’offerta eno-gastronomica, eventi, consulenze e alcune volte, quando ancora gli amici di Slow Food me lo chiedono, di docenze. Ora però molto tempo ed energie le dedico a Tempi di Recupero.
Cos’è Tempi di Recupero?
È un Associazione Culturale che si occupa di temi come la sostenibilità ambientale, alimentare e sociale. Il progetto è nato nel 2013, e da allora abbiamo curato moltissimi eventi sui temi che ci stanno a cuore, a cui sono intervenute grandi personalità, come Carlo Petrini. Quest’anno tra l’altro, a Pianetto di Galeata, ci sarà il nostro Festival del Recupero, un grande evento dove, oltre ai temi legati al consumo e al recupero del cibo e dell’acqua, si parlerà di lavoro e di vino, in particolare il recupero di antiche pratiche di vinificazione.
Ecco, a proposito di vino. L’evento enologico Albana Dèi, uno dei più importanti e sentiti in Romagna, porta la firma tua e di Andrea Spada. Prima di parlare di come vi è venuta l’idea di un evento legato al Romagna Albana DOCG, posso chiederti come ti sei avvicinato al mondo del vino?
Dal vino è partito tutto quanto. Nei primi anni ’90, con un gruppo di amici ci facemmo le ossa al ristorante chiocciolato Osteria La Baita, a Faenza. Eravamo giovani e questo posto, ancora oggi uno dei migliori quando si parla di proposta enologica, aveva una carta sterminata, con oltre mille referenze e ci stimolò a sperimentare in prima persona l’esperienza della ristorazione al Circolo Cittadino di Faenza con “Sesto Continente”.
Quello del vino era un mondo che mi incuriosiva ma di cui non sapevo molto. Da giovane per me bere significava divertimento, poi, dopo aver bevuto dei vini eccezionali, ho capito quanto c’era dietro quel mondo: pratiche agricole, vinificazione, comunicazione, tradizioni. Per capirci qualcosa ho iniziato a studiare e viaggiare. Il vino è diventato scoperta e curiosità, ed è cambiato tutto.
Magari sarà difficile rispondere, perché è un po’ come chiedere a quale genitore si vuole più bene, ma qual è il tuo vino a denominazione preferito della Romagna?
Il vino a denominazione del territorio romagnolo che mi è entrato nel cuore è sicuramente il Romagna Albana DOCG, perché è il vino più identitario in assoluto. È un vino che non si trova in nessun’altra parte del mondo, perché cresce solo qua. E se te ne devo dire uno rosso, tralasciando il mio santo preferito, il Sangiovese, ti dico il Centesimino. Ma il vino più identitario sicuramente è l’Albana.
Certo, non per niente hai creato Albana Dèi… Ma è stato amore a prima vista? O meglio, al primo calice?
No, non è stato il primo calice di Albana a far scoccare la scintilla. Considera che il primo calice risalirà ai tempi di mio nonno, che ce l’aveva nel campo. Parliamo di un vino fatto con poca o nulla tecnologia, una versione molto artigianale, che spesso finiva la fermentazione alcolica in bottiglia. Ricordo che più di una scoppiava in cantina. Quelle Albana di Romagna fanno parte del mio bagaglio di ricordi, ma sono stati altri Romagna Albana DOCG a farmi innamorare di questo vino.
Considera che alcune Albana, un po' di tempo fa, venivano prodotte dimenticando il territorio da cui venivano, spogliandole del loro vestito identitario. I vigneron seguivano il modello, diciamo, internazionale, facendole assomigliare agli Chardonnay borgognoni. Ben venga il modello francese, ma noi abbiamo altro da comunicare, altre potenzialità. Infatti i Romagna Albana DOCG che mi hanno fatto innamorare di questo vitigno erano versioni che ne raccontavano l’originalità con ogni bicchiere. Erano esperimenti, primi tentativi, che oggi fanno parte del linguaggio comune degli appassionati, ma all’epoca no. Lunghe macerazioni con buccia fenolica molto spessa, con questo colore di vino bianco travestito da rosso. È intravedendo quelle potenzialità che mi sono innamorato.
Veniamo all’argomento principale: com’è nata l’idea dell’Albana Dèi?
Allora, ovviamente l’idea di un evento dedicato all’albana è arrivata al ristorante, nel giugno del 2013. Eravamo a Brisighella, io e Andrea Spada, che è la persona con cui è nato tutto. Stavamo discutendo delle potenzialità del vitigno e di come, con un evento, potessimo dare una mano ai tanti amici produttori. Anche perché, per via del nostro lavoro, entrambi avevamo molte conoscenze fra i curatori e i giudici delle varie guide, come Gianni Fabrizio e Vittorio Manganelli.
Ecco, dopo questa chiacchierata estiva avevamo due obbiettivi: il primo era di rendere consapevoli i produttori che il vitigno albana aveva delle grandi potenzialità e di dimostrare agli esperti del settore che in Romagna c’erano delle cose molto buone che valeva la pena di assaggiare. Per fare ciò ci facemmo mandare dai produttori di Romagna Albana DOCG dei campioni da sottoporre ai nostri amici curatori delle guide enologiche. I primi anni ci arrivavano 30 o 40 campioni, non di più. Oggi siamo a quasi il doppio.
Il secondo obbiettivo invece, e sembra assurdo anche solo raccontarlo, era quello di creare consapevolezza di territorio fra i romagnoli. Perché qua nessuno si beveva Albana e Sangiovese, e le carte dei ristoranti erano vuote, completamente vuote. Forse qualche Romagna Sangiovese DOC si poteva trovare, ma l’Albana secco non ce l’aveva nessuno.
Capisco il primo obbiettivo, ma come avete fatto a coinvolgere le persone del territorio se, come dici, quasi nessuno sapeva dell’esistenza del Romagna Albana DOCG?
Noi per attrarre le persone dicevamo “Venite ad assaggiare e a dare il vostro giudizio sui 9 Romagna Albana DOCG secchi migliori del mondo”. Che poi era vero, perché, come dicevo, l’Albana non cresce da nessun’altra parte. Era un trucchetto di comunicazione, ma era vero, e ha funzionato.
E come andò? Che poi mi pare ovvio che sia stato un successo, visto che quest’anno va in scena la nona edizione dell’Albana Dèi, ma mi piacerebbe sapere come, da un evento nato una sera a un ristorante si è arrivati a quello che è a tutti gli effetti uno degli eventi più importanti del territorio a tema vino.
Alla prima edizione, o possiamo chiamarla l’edizione zero forse, c’erano i nostri amici romagnoli e alcuni curatori delle guide enologiche nazionali, come Masnaghetti, Manganelli, Fabrizio. Abbiamo creato questa squadra di amici che a Brisighella ha fatto la degustazione tecnica e poi le 9 finaliste le abbiamo portate in assaggio popolare sempre a Brisighella e a Dozza. Solo due tappe, durante le quali le persone dovevamo esprimere un giudizio non tecnico. Dovevano solo dire “Primo, secondo e terzo”, un modo per creare consapevolezza, coinvolgerli e farli sentire orgogliosi di un vitigno autoctono con così tante potenzialità.
Il secondo anno, visto che la gente l’anno prima si era divertita, abbiamo contattato il Consorzio Vini di Romagna a cui l’idea è piaciuta da subito e da allora insieme abbiamo dato vita all’Albana Dèi per come lo conosciamo oggi. Fin dalla prima edizione abbiamo voluto che fosse una manifestazione itinerante, che si teneva a maggio in occasione del maggio faentino. I primi anni ci siamo limitati a Brisighella e Dozza, le piazze da cui siamo partiti, poi con il tempo ci siamo assestati sulle 4 o 5 tappe, includendo Oriolo e Bertinoro.
Tra l’altro, te lo chiedo perché magari non tutte le persone lo sanno, cosa si “vince” partecipando come produttore all’Albana Dèi?
L’Albana Dèi dà 2 diversi riconoscimenti: il primo è quello omonimo, dedicato esclusivamente ai migliori Romagna Albana DOCG, mentre il secondo, “Indigeno del Cuore – Premio Valter dal Pane”, assegnato in larga misura dal voto popolare – e questo ci tengo a sottolinearlo: siamo in Romagna quindi il voto popolare vale 3 volte tanto rispetto a quello dei giudici -, va ai migliori vini da uve albana, con la possibilità che anche vini IGP o vini da tavola rientrino fra i 7 finalisti. È un modo per dare spazio anche a proposte innovative o a sperimentazioni che possono valorizzare l’albana o sorprendere i giudici e la giuria popolare, un modo per guardare al vitigno nella sua possibile evoluzione enologica.
Tra l’altro, prima hai parlato di piazze gremite e manifestazioni itineranti, tutte cose che nell’ultimo anno e mezzo abbiamo dimenticato cosa significhino. Come è cambiato l’Albana Dèi con il Covid-19?
Qualcosa ovviamente è cambiato con la pandemia. L’anno scorso abbiamo spostato l’Albana Dèi a ottobre, in modo da poter garantire alle persone, ai giudici e ai sommelier delle degustazioni in totale sicurezza. Di assaggio popolare in piazza ne abbiamo fatto purtroppo uno solo, a Bertinoro. Con la pandemia abbiamo avuto modo però di introdurre una novità: il coinvolgimento dei ristoratori. I ristoranti a ottobre erano ancora aperti, anche se lo sono rimasti per poco, perciò ne abbiamo approfittato per organizzare delle serate di assaggio e voto agli avventori, che potevano degustare i Romagna Albana DOCG abbinati a certi piatti.
E per questa nona edizione invece cosa devono aspettarsi le persone?
Il ritorno degli assaggi in piazza, di persona. Quest’anno vogliamo ripartire con forza, facendo 6 invece delle solite 4 tappe. Mercato Saraceno e Castrocaro Terme saranno le new entry, che non sono mai state sedi del giudizio popolare della manifestazione, mentre le storiche Brisighella, Dozza, Oriolo e Bertinoro dovrebbero essere tutte confermate. Un ritorno a quello che l’Albana Dèi è stato fino all’anno scorso, insomma.
Se dovessi fare un bilancio di queste nove edizioni, ti ritieni soddisfatto di quello che l’Albana Dèi è stato ed è diventato? È cambiato qualcosa da quella sera di giugno 2013 quando tutto è iniziato?
Dopo nove anni penso che alcune cose siano successe, se nel 2015 un Romagna Albana DOCG era fra i 25 migliori vini del mondo per Wine Enthusiast. Sicuramente il merito non è solo nostro, ma dell’intero movimento che si è creato con l’Albana Dèi. Prima che nascesse questo evento nessun Romagna Albana DOCG aveva preso alcun tipo di riconoscimento importante, adesso alcune hanno vinto anche i Tre Bicchieri, segno che è cresciuta la consapevolezza. Poi, il fatto che molti produttori quest’anno non potranno partecipare perché non hanno bottiglie è una cosa incredibile. Nel senso che se anche superassero l’ostacolo del giudizio tecnico, non avrebbero abbastanza vino per le varie tappe nelle piazze. Questo è un segno che i tempi sono cambiati, in senso positivo, molto positivo. Arrivavamo da anni in cui l’albana veniva tolta dai vigneti in favore di sauvignon e chardonnay, ora invece viene re-impiantata.
Un’ultima domanda: come ti aspetti o speri che evolva l’Albana Dèi nel futuro? Cambierà o, fedele allo spirito più profondo della Romagna, rimarrà sempre meravigliosamente simile a sé stesso?
Allora, l’Albana Dèi è già evoluta molto nel corso del tempo, perciò più che quello che accadrà ti parlo di quello che vorrei che accadesse. Mi piacerebbe che i ristoranti venissero coinvolti ancora di più, che molti più voti popolari arrivassero non solo dalle piazze, ma anche dalle serate con menu dedicati nei ristoranti come l’anno passato. Insomma, quello che desidero e che desideriamo tutti, è creare nuovi ponti verso realtà esterne, anche magari verso l’estero, dove l’Albana so che viene bevuta e apprezzata.